(trovate la recensione delle stagioni precedenti qui)
Dopo aver chiuso il quinto capitolo con un evento drammatico, la sesta stagione di The Good Doctor riprende le fila della narrazione proprio da lì, mostrando le prime tangibili conseguenze che questo evento avrà su tutti i personaggi. Proprio come le precedenti stagioni, medici e tirocinanti dovranno affrontare nuovi conflitti interni ed esterni, gestire emozioni come risentimento e rabbia, fare i conti con mancanze e inquietudini in un percorso che sembra essere pervaso dalla necessità di imparare ad assumersi delle responsabilità. Pur conservando la sua precedente natura, la nuova stagione di The Good Doctor appare meno Shaun-centrica del previsto, molto più intima e persino più politica.
Promosso a strutturato, Shaun deve misurarsi con un nuovo ruolo, imparare a relazionarsi con nuovi e vecchi tirocinanti e trovare il giusto equilibrio tra potere e diplomazia. Continuamente in cerca di conferme dai suoi superiori, è invitato – soprattutto da Andrews e Glassman – a comprendere il peso delle sue scelte e riconoscere i suoi errori, soprattutto quando questi arrecano sofferenza ad amici e pazienti. Non a caso, in questa stagione il giovane medico è al centro di un triangolo narrativo che crea delle profonde crepe nel rapporto con la dottoressa Lim e con lo stesso dottor Glassman. Le difficoltà non mancheranno neanche nel rapporto con Lea. La vita matrimoniale sarà più difficile del previsto e segnata da numerose insidie che metteranno la coppia a dura prova.
Se da un lato Shaun resta il centro nevralgico della serie, con un percorso che si fa sempre più completo, dall’altro gli autori lasciano maggior spazio anche agli altri personaggi, replicando uno schema già collaudato nel quale il vissuto, passato o presente, di ciascuno di loro si interseca con quello dei pazienti o con i rari casi clinici presenti in ogni episodio.
Molte delle scelte narrative servono a sottolineare la visione di produttori e showrunner in merito ad alcuni tematiche oggi sempre più calde e dibattute (l’aborto, la disabilità, la castrazione, la ricerca della maternità, il sesso tra minorenni, la violenza sessuale, le relazioni sentimentali). I medici sono alle prese con casi clinici eccezionali, al punto da sentirsi autorizzati a esprimere pareri personali o suggerire soluzioni, non tanto da un punto di vista scientifico, quanto etico e morale, esprimendo spesso vicinanza al pensiero liberal. Fanno tuttavia eccezione alcuni personaggi, anche tra i pazienti, che manifestano un profondo legame con la fede, ma la sensazione è che il loro inserimento sia più utile a confermare la validità di un certo pensiero piuttosto che suggerire una credibile alternativa.
Purtroppo, nel tentativo di raccontare tutto si resta troppo spesso in superficie, con personaggi decisamente più credibili ed altri più pretestuosi e meno approfonditi. Ciononostante, e pur non aggiungendo nulla di particolarmente nuovo, The Good Doctor resta un serie apprezzabile, con dinamiche che aprono a un confronto, dialoghi ricercati, attori bravissimi e un protagonista umano che resta pur sempre fonte di grande ispirazione.
Marianna Ninni
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