(trovate la recensione delle stagioni precedenti qui)
Sex Education è una serie che da sempre divide: se molti la amano, perché parla di sesso ai giovani in modo esplicito e senza tabù, altrettanti la contestano apertamente, mettendone in discussione proprio l’aspetto educativo. Questa quarta e ultima stagione mette un punto finale alle vicende di Otis e dei suoi coetanei e lo fa con luci e ombre, proprio come in precedenza.
Lo scenario cambia parzialmente: le vicende principali non si svolgono più al liceo Moordale, tra bulli popolari e “looser” bullizzati, ma nel modernissimo, colorato e liberale Cavendish Sixth Form College. È qui che Otis, Eric e altri studenti del Moordale come Ruby, Aimee, Jackson, Viv e Cal si trasferiscono, sperimentando un vero e proprio ribaltamento rispetto al loro liceo d’origine. Al Cavendish la parola d’ordine è inclusione e a essere idolatrate sono proprio le minoranze, tra tutte la coppia formata dai giovani trans Abby e Roman. Il Cavendish non sembra una scuola, ma un’oasi surreale in cui praticare yoga all’aria aperta o scendere da uno scivolo nella hall dell’istituto. Un posto grottesco e irrealistico, in cui difficilmente il target potrà vedere rispecchiato il proprio contesto di riferimento e in cui vige un politically correct talmente esasperato da risultare ipocrita. A turbare la quiete del liceo sarà proprio Otis che entrerà in competizione con la studentessa “O” per il ruolo di consulente sessuale della scuola.
Anche in questa quarta stagione, Sex Education mostra un linguaggio, tanto parlato quanto visivo, estremamente esplicito. Nulla è lasciato all’immaginazione e laddove è impossibile praticare il sesso di persona, i personaggi compensano con il sexting, che consiste nello scambiarsi messaggi di natura sessuale, come pratica di coppia, con fotografie o video di parti intime del corpo. Peccato che quelle di Otis finiscono per sbaglio sotto gli occhi di tutti, proiettate a pieno schermo durante una riunione scolastica, con tanto di derisione sull’aspetto del suo scroto. Se la questione, al Cavendish, è trattata con una certa leggerezza e ilarità, nella vita reale un episodio simile potrebbe avere conseguenze ben più complesse e pericolose. Il sexting è spesso la miccia di accensione di fenomeni come il cyberbullismo o il revenge porn, la condivisione pubblica e online di immagini o video di natura intima, senza il consenso dei protagonisti degli stessi. Una pratica certamente da non incoraggiare, soprattutto da parte di una serie che ha fatto del suo aspetto educativo-informativo il suo cavallo di battaglia, tanto da avere la parola “education” nel titolo.
E di educativo ha ben poco anche il decidere di mostrare l’assunzione di droghe da parte di uno dei personaggi principali, senza alcun tipo di giudizio o di conseguenza.
Per questa sua volontà di mostrarsi “educativa”, ma sarebbe meglio dire “enciclopedica” riguardo all’argomento sesso, la serie indaga, in quest’ultima stagione, alcuni aspetti poco trattati in precedenza. È così che si spiega l’abbondare di personaggi e sottotrame LGBTQ+, sviluppate anche con un certo grado di drammaticità (il personaggio di Cal, per esempio, vive un forte disagio psichico durante la fase di transizione da donna a uomo). Se da una parte l’intenzione è quella di far conoscere realtà diverse, dall’altra la serie ne risente in termini di sviluppo narrativo. Molte delle sottotrame risultano poco universali ed estremizzate, mentre le linee narrative e i personaggi principali vengono sacrificati o ridimensionati per mancanza di tempo e di spazio.
Al di là di questi aspetti fortemente critici, la quarta stagione offre anche degli spunti interessanti, affrontando lateralmente il tema della depressione post partum (sperimentata da Jean, la mamma di Otis, a seguito della sua ultima gravidanza) e del rapporto tra religione e omosessualità, attraverso il personaggio di Eric che, pur credente, non si sente accettato dalla propria comunità per via del suo orientamento sessuale. Il tema è complesso e meriterebbe un approfondimento che la serie non può dare, ma il tentativo è già di per sé apprezzabile. Infine, decisamente positivo è l’arco narrativo che sperimentano due tra i personaggi più odiosi delle precedenti stagioni: Adam e suo padre Michael, precedentemente direttore del Moordale.
Eleonora Fornasari
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