Dopo un primo periodo a Legnano, Lolita Lobosco torna a Bari per ricoprire la carica di vicequestore in una caserma prevalentemente maschile. È questo il punto di partenza di Le indagini di Lolita Lobosco, fiction Rai ispirata ai romanzi di Gabriella Genisi, che attrae il pubblico non tanto per le storie crime in sé quanto per la creazione di un irresistibile archetipo moderno della femminilità.
Lolita incarna una donna indipendente e determinata, un modello di libertà che indossa con eleganza e consapevolezza, poliziotta che sfila su tacchi a spillo senza mai preoccuparsi del giudizio altrui e senza mai lasciarsi definire dalla sua oggettiva bellezza.
Il suo personaggio si pone così al centro di un immaginario narrativo che si sviluppa intorno a diverse tematiche:
il crimine (ogni puntata indaga un caso specifico che si apre e si chiude nell’arco temporale dell’episodio, ma le stagioni sono attraversate anche dal mistero riguardo l’assassinio del padre); il dramma sentimentale (le relazioni amorose di Lolita, a cominciare da quella con Danilo, 10 anni più giovane, le avventure sentimentali della migliore amica Marietta, il matrimonio di Antonio e i conflitti con la moglie); la famiglia (con la complessa presenza della madre e della sorella alle prese con la discutibile gestione di un B&B); l’ambizione (essere una donna moderna a capo di un universo di soli uomini).
Tutte tematiche seminate all’interno di una narrazione, mai particolarmente ambiziosa, inadatta a intrattenere famiglie con bambini, ma efficace su un pubblico di giovani e adulti, affascinato dalle ambientazioni curate e dalle bellezze storiche e architettoniche della città di Bari, con i suoi vicoli, i monumenti e gli scorci sul mare, dall’inflessione dialettale (troppo marcata nelle prime stagioni, più distesa e curata nelle ultime), da una protagonista ben caratterizzata, ma soprattutto da un racconto umano che si sviluppa intorno a una questione centrale evidente: il contrasto tra la tradizione (il matrimonio, i figli, la famiglia) e la modernità (la carriera, la libertà, la spinta a essere ciò che si vuole, senza sottostare a vincoli o imposizioni).
Lolita è una donna forte e indipendente, ha una carriera di successo ed è “apparentemente” solida e completa. La sua è una figura femminile moderna alle prese con la difficoltà di conciliare una carriera importante con la ricerca di una relazione solida. Una condizione preponderante attraverso la quale si mettono in evidenza i punti di forza e di debolezza del personaggio stesso: da un lato quello di una donna sicura di sé, completamente assorbita dal lavoro, al punto da trascurare spesso legami familiari e sentimentali; dall’altro quello di figlia poliziotta in cerca di giustizia e verità, segnata dal ricordo di un padre imperfetto, ucciso davanti ai suoi occhi, e consapevole di non poter guardare oltre se prima non avrà fatto luce su questo mistero. Fin dagli episodi della prima stagione si indaga anche su questa opposizione tra passato e futuro, vecchio e nuovo, antico e moderno. Un gioco che aumenta con il susseguirsi delle stagioni e trova terreno tanto nella scelta delle tematiche (con temi come la violenza sessuale, la gelosia, il delitto passionale, la vendita di organi per soldi) quanto nell’analisi delle relazioni personali e professionali che coinvolgono anche tutti gli altri personaggi. A riguardo, il mistero o il caso di puntata è più un elemento di contorno a corredo di una struttura narrativa interessata a indagare un universo che evolve e prende sempre più forma solo attraverso le relazioni e le avventura sentimentali.
Alla fine questa serie si regge proprio su questo: il contrasto tra tradizione e modernità, lo scontro tra un sistema di valori, comportamenti, usi e costumi che appartengono al passato e ciò che invece quella modernità, che profuma di politicamente corretto, ci invita a essere, oggi e in futuro. Tutti i personaggi, chi più, chi meno, incarnano questo pensiero: Lolita è sinonimo di emancipazione e sicurezza, è sensuale ma incastrata in una rigidità e in una malinconia che le impediscono di essere sentimentalmente felice; Antonio, amico fedele, da sempre con un debole per la protagonista, affida a un consulente matrimoniale la risoluzione dei suoi problemi coniugali; Nunzia, da tempo vedova, si apre a una nuova relazione con il fruttivendolo Trifone: il magistrato Marietta, infelicemente sposata o semplicemente annoiata, si rifugia volutamente in continue avventure sentimentali con uomini e donne, e persino l’agente Esposito deve mediare tra tradizione e innovazione, cercando di trovare un equilibrio nella relazione tra una tipica madre del sud, troppo “ingombrante”, e una moderna fidanzata che è ingegnere meccanico.
La serie, bilanciando l’ironia alla tensione, e affidandosi a una semplicità strutturale eccessivamente didascalica, racconta, attraverso la sua protagonista ma anche attraverso la città di Bari, un universo futile, dove il concetto di fedeltà viene banalizzato, le relazioni si fanno superficiali e il matrimonio, là dove viene contemplato, viene presentato come terreno di soli conflitti, o ridotto a messa in scena spogliata di tutti i suoi valori. Alter ego femminile di Salvo Montalbano, Lolita si fa testimone di un ben preciso stile di vita, portando in tv un modello narrativo che ha facile presa su chi guarda, una nuova idea di donna in televisione che mira a presentarsi come rivoluzionario oltre che un nuovo sistema di valori da abbracciare, valori che definiscono le esistenze di personaggi ormai assuefatti all’idea che carriera, successo, ambizione, oltre che una sessualità edonistica, contino molto più di una qualsiasi progettualità o reale esigenza di felicità.
Marianna Ninni
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