La regina degli scacchi
Genere: drammatico
Anno: 2020
Formato: miniserie
Episodi: 7 puntate di 46/48 minuti ciascuna
Piattaforma: Netflix
Ideatori: Scott Frank e Allan Scott
Regia: Scott Frank
Logline: Una ragazza orfana si appassiona agli scacchi e gira per il mondo con il sogno di diventare una scacchista di fama mondiale.
Costretta a vivere in un orfanotrofio femminile del Kentucky, Beth Harmon, una bambina abbandonata dalla madre, inizia a giocare a scacchi grazie al custode dell’orfanotrofio, il signor Shaibel. Sin da subito, la piccola dimostra un talento naturale, tanto che riesce immediatamente a capire le tattiche e le strategie vincenti, visualizzandole mentalmente con l’aiuto dei tranquillanti distribuiti quotidianamente alle ragazze.
Finalmente Beth viene adottata da una coppia del Kentucky e inizia la sua nuova vita tra tornei di scacchi, avversari e nuove amicizie. Migliora ogni giorno di più e sembra quasi inarrestabile, fino a quando non inizia a perdere il controllo della sua vita, a causa della dipendenza da alcol e farmaci. Riuscirà Beth a rimettersi in gioco e a compiere la mossa vincente annunciando lo scacco matto sulla sua vita?
Approfondimenti tecnici
All’interno di una serie televisiva si tende a sottovalutare completamente il valore delle scene riprese da diversi piani. Sin dal primo episodio della serie, invece, appare chiaro lo stile utilizzato dai registi, poiché compaiono molto spesso primi o primissimi piani dovuti alla necessità di far entrare lo spettatore nella dimensione emozionale della protagonista attraverso le sue espressioni facciali. A volte vengono riportati persino piani a figura intera, per mostrare il vestiario tipico di quegli anni o per proiettare la figura all’interno di uno spazio in particolare. Vengono utilizzati anche mezzi piani e piani americani. Questo avviene soprattutto durante i dialoghi, durante i quali è meno probabile avere la presenza di primi piani ma piuttosto una visione parziale dei personaggi.
Attualità e agenda 2030
Attraverso il punto di vista della protagonista Beth, vengono trattati temi estremamente attuali come la competizione, la dipendenza da farmaci e alcol, l’ambizione, il riscatto sociale e la disparità di genere, che sono fortemente connessi agli obiettivi dell’agenda 2030. Per esempio, l’obiettivo 5, che punta a raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze. Infatti, Beth spesso è vittima di discriminazioni di genere e di pregiudizi.
Inoltre, la serie è ambientata negli anni ‘60, durante la Guerra Fredda, e affronta il tema dello scontro tra americani e russi in tutti gli ambiti della competizione, quindi vi è un collegamento con l’obiettivo 16, che mira a promuovere società pacifiche e inclusive e a garantire l’accesso alla giustizia per tutti.
Infine, riguardo al tema della dipendenza da farmaci e alcol, vi è un collegamento con l’obiettivo 3, che si propone di garantire la salute e promuovere il benessere per tutti.
Alla ricerca di sé stessa
Le relazioni e le amicizie giocano un ruolo significativo nel percorso di crescita e sviluppo del personaggio principale, Beth Harmon. Nonostante Beth affronti molte sfide personali e sociali nel corso della sua ricerca del successo nel mondo degli scacchi, stabilisce diverse relazioni significative con persone che la supportano, la sfidano e la influenzano. Da Jolene, la sua amica d’infanzia all’orfanotrofio, che le offre conforto e amicizia, a Benny, il suo rivale e alleato nel mondo degli scacchi, le relazioni di Beth contribuiscono alla sua crescita e alla sua comprensione del mondo.
La serie esplora anche l’identità personale di Beth e la sua ricerca del proprio posto nel mondo. Essendo cresciuta in un ambiente difficile e senza genitori, Beth si trova ad affrontare molte domande sull’identità, sulla sua origine e sul suo scopo nella vita. Il suo talento nel gioco degli scacchi diventa un modo per definire se stessa e per trovare un senso di appartenenza e realizzazione. Tuttavia, lungo il percorso, Beth deve affrontare le conseguenze delle sue scelte e confrontarsi con le sfide dell’insicurezza e della solitudine.
Cosa ci insegna davvero la storia di Beth?
Nella miniserie, Beth, la protagonista, si trova di fronte a diverse situazioni critiche e ostacoli che mettono a dura prova il suo controllo personale. Tanto che, a un certo punto, la sua dipendenza da farmaci e alcol rischia di portarla su una cattiva strada. Grazie alla sua determinazione, però, riesce ad affrontare le difficoltà. Nonostante i frequenti momenti di sconforto, alla fine dimostra il suo valore. Il suo coraggio può essere quindi di grande ispirazione per tutti coloro che desiderano realizzare i propri obiettivi, ma si sentono scoraggiati o non sanno da dove iniziare.
È opportuno ammettere che Beth non rappresenta sempre un esempio positivo nel corso della storia. Fa uso di sostanze stupefacenti e alcolici e ha delle difficoltà nelle relazioni. Dimostra infatti di essere piuttosto solitaria e isolata dagli altri, e tende a fidarsi delle persone sbagliate, come Cleo, che la fa ricadere nella dipendenza. Anche se questi comportamenti sono negativi e affrontano temi oscuri e complessi, si offre un insegnamento importante: bisogna mantenere il controllo della propria vita trovando dei modi sani per gestire la pressione e lo stress. Non bisogna isolarsi nei momenti più cupi; anzi, è importante chiedere aiuto quando necessario.
Insomma, anche se la realtà rappresentata è piuttosto pessimista, i temi trattati possono essere fonte di ispirazione per molti, visto che anche dalle esperienze negative si può imparare molto.
Punti di forza strutturali/narrativi
La trama è avvincente e ben strutturata, con un equilibrio tra momenti di tensione e sviluppo dei personaggi. Le performance degli attori – in particolare Anya Taylor-Joy nel ruolo principale – sono convincenti e contribuiscono a dare vita ai personaggi. L’ambientazione negli anni ’60 e l’uso della fotografia creano un’atmosfera coinvolgente che trasporta lo spettatore nell’epoca e nel contesto della storia.
La serie esplora in profondità le motivazioni e i conflitti interiori dei personaggi, offrendo uno sguardo approfondito sulla psicologia umana.
Debolezze strutturali/narrative
In alcune occasioni, il ritmo della narrazione può risultare troppo lento o troppo veloce, compromettendo la coerenza dell’esperienza di visione. Inoltre, alcuni personaggi di supporto potrebbero risultare poco sviluppati o stereotipati, diminuendo l’impatto complessivo della storia.
Nonostante queste debolezze, La regina degli scacchi rimane una serie avvincente e ben realizzata, che ha ricevuto ampi consensi dalla critica e dal pubblico.
Eleonora Andreotti, Diana Donzelli, Rebecca Isasi, Ilaria Vitale