Braccialetti rossi


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Albert Espinosa, autore del romanzo e dell’originale Tv adattati nella versione italiana
INTERPRETI: Carmine Buschini, Aurora Ruffino, Brando Pacitto, Mirko Trovato, Pio Luigi Piscicelli, Lorenzo Guidi, Carlotta Natoli, Andrea Tidona
SCENEGGIATURA: Giacomo Campiotti (regista), Sandro Petraglia, Fidel Signorile
PRODUZIONE: Palomar
ANNO DI USCITA: 2014-2016
STAGIONI: 3 (19x100')
PRIMA MESSA IN ONDA: Rai1
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: medical, teen drama

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >14
Presenza di scene sensibili: Qualche lieve accenno di sensualità, in particolare nella terza stagione.

CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE (PRIME DUE STAGIONI)

Un immaginario ospedale tra uliveti e mare pugliese. Vi sono ricoverati alcuni ragazzi. Ciascuno una storia. Di malattia, di traversie e di affetti familiari. Si conoscono, diventano amici. Un gruppo. Insieme affrontano le incognite della terapia, la lontananza forzata dal mondo, il peso del non star bene. Riuscendo a trasformare tutto questo in gioia di vivere. Il loro spirito da teenager scavalcherà il disagio del “confino” in ospedale per guardare con speranza al futuro. Succeda quello che succeda. Qualunque sia il decorso che attende ciascuno.
Rocco, 11 anni, in coma da otto mesi dopo un tuffo fatale in piscina, è la voce narrante, innocente e sincera. Tutti vorrebbero che un giorno si svegliasse. Leo, diciassette anni, una gamba amputata a causa di un osteosarcoma, è estroverso, la sua personalità spiccata ne fa il leader naturale. È quello da più tempo in ospedale. Per le operazioni subite, sa meglio degli altri cosa significa essere seriamente ammalato. Cris, stessa età di Leo, bella, d’animo nobile, deve trovare il coraggio per ammettere e combattere l’anoressia. Anche Vale ha diciassette anni, arriva in ospedale con lo stesso identico male che ha privato Leo della gamba. Sarà quest’ultimo a dargli una mano nel trovare la fiducia in se stesso che gli manca. Poi Tony, quattordici anni, solare, un comico nato, uno scugnizzo napoletano che nasconde quanto ha subito in casa sua. Infine, Davide, quattordicenne svenuto a scuola, qualcosa non va con il suo cuore, ma anche nel suo modo di fare strafottente.
Quello appena descritto è il cast di apertura della serie. Indossano tutti un braccialetto rosso. È un regalo di Leo, che in reparto ha dovuto mettersi al polso una fascetta di quel colore tutte le volte che è stato operato. I braccialetti sono il simbolo del legame speciale che unisce i ragazzi.

Approfondimento 

Braccialetti Rossi è l’adattamento di una produzione catalana che ha generato diversi remake, tutti successi (tranne la versione statunitense, Red Band Society, interessante eccezione alla regola che indica nella Tv Usa il modello aureo della serialità). Il tema rimane quello del romanzo autobiografico di Albert Espinosa da cui la serie è tratta (Braccialetti Rossi – Il mondo giallo). Lo si può enunciare così: “Se saprai condividere i tuoi sentimenti e capire quelli di chi ti sta accanto, imparerai quanto la vita ti arricchisce e dà energia, anche in circostanze che parrebbero necessariamente tristi”. In altre parole: “Anche in una situazione di malattia, aprirti agli altri ti consegnerà le armi migliori contro le difficoltà: la speranza, l’ottimismo.”

Imperniata su questa idea, la serie, diretta da Giacomo Campiotti (già regista sensibile alle tematiche giovanili con il film Bianca come il latte rossa come il sangue), da lui anche scritta insieme con il grande Sandro Petraglia, ha rappresentato un passaggio importante della fiction italiana.

Un racconto di formazione ambientato in ospedale

La prima ragione è stata la scommessa vinta di lanciarsi nel genere ospedaliero (sia pur qui, come diremo tra un attimo, assai mescolato al racconto di formazione). Un genere che veniva da anni di scarso feeling con il pubblico della fiction italiana. La scrittura calda, la regia dinamica, soprattutto una serie di indovinati accorgimenti nello storytelling hanno permesso di riaprire quel filone che poi avrebbe prodotto la super hit Doc. Braccialetti Rossi scongiura da subito effetti ansiogeni, allo stesso tempo si smarca dal confronto con serie tipo Dr. House e Grey’s Anatomy. La canzone della sigla, appositamente composta da Niccolò Agliardi, trascinante, gioiosa. L’amena ambientazione mediterranea che rende l’ospedale non solo luminoso, ma anche speciale, quasi un luogo fuori dal tempo. La voce narrante che introduce la storia come fosse un racconto mitico, cavalleresco: “C’era una volta il mondo, dentro il mondo, il mare, […] un tratto di costa con torri incantate, […] laggiù oltre gli ulivi, c’era un ospedale diverso da tutti gli altri…”. Entro questo solco, le vicende di malattia si svilupperanno con il gusto della magica avventura di un manipolo di coraggiosi sfidati da un drago.

Un teen drama che si distingue per il tono solare e positivo

La serie si segnala anche per una seconda ragione. Essersi cimentata nel teen drama, il genere adolescenziale, percorrendo una via diversa da quella più diffusamente seguita da tanti titoli Usa che hanno fatto tendenza (da Dawson’s Creek fino a Tredici ed Euphoria). Lì una poetica del tormento giovanile, ragazzi persi in pulsioni e passioni, attraversati da un disincanto prematuramente adulto, figure parentali ed educative poco attraenti. Invece, in Braccialetti Rossi, almeno nella prima stagione, il quadro di un’adolescenza migliore: gli anni della scoperta, del fare le cose insieme con uno scopo (per esempio un murale che incoraggi chi affronta la chemio), dello sbagliare per imparare, con alcuni adulti che cooperano (la dottoressa Lisandri, l’anziano Nicola che suggerisce a Leo di fondare un gruppo, la mamma di Rocco volontaria nella clownterapia, aspettando che suo figlio si svegli).

Le grandi domande vengono trattate in modo un po’ New Age in una dimensione parallela, una specie di “limbo” dove è trattenuto Rocco e dove transita l’io di chi se ne sta per andare per sempre. Gli autori non si vergognano di caricare spesso sul melodramma, dal quale, in frequente contrappunto, i nostri eroi escono liberando il crederci e l’energia della loro età.

Una terza stagione non all’altezza delle precedenti

Complice anche il parziale recasting e la recitazione un po’ così così, Braccialetti Rossi ha patito, dopo la prima annata, un allentamento dei punti di forza appena descritti. In particolare, la terza stagione mostra qualche forzatura (genitori indispettiti perché la figlia sta con un ragazzo malato), alcune concessioni al grossolano e al torbido-ridicolo (il primario attratto dal decolté della mamma del giovane paziente; la ragazza che prima della seduta di chemio flirta in intimo nero con il bel cardiologo). Ancora, l’epica della prima esperienza sessuale e gli scontri per tenere un bambino a dispetto di papà e mamma che, arcigni, vorrebbero abortissi… Non tutto appare a tono con l’ispirazione delle origini e tante cose avvengono lontano dall’ospedale. Ma dover alimentare un racconto per diverse stagioni non è mai facile.

Paolo Braga

 

Temi di discussione

  • Il senso del dolore;
  • Chi sono i veri amici;
  • Cosa significa essere adolescenti.