CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE
Aileen Fitzgerald è una stimata reporter del The Vanguard, un importante quotidiano di New York. La sua carriera subisce però una battuta d’arresto quando, in seguito alla pubblicazione di un suo controverso articolo, in cui sferra un duro attacco ad un influente generale dell’esercito statunitense, vengono sollevati dubbi sull’attendibilità della fonte da cui è stata ottenuta la notizia. La battaglia mediatica che ne consegue getta più di un’ombra sull’umanità e la professionalità di Aileen, che di conseguenza perde lavoro, credibilità e gran parte delle sue certezze.
La donna si rinchiude così in un isolamento totale, in casa, dove decide di preparare la sua vendetta, cioè un libro con cui ribadire la sua verità e le accuse contro il generale. Mentre si trova però rinchiusa in questo guscio fatto di rancore e desiderio di rivalsa, arriva a New York un suo vecchio collega che le offre un lavoro al Daily Alaskan.
Dopo l’indecisione iniziale, Aileen accetta la sfida e si trasferisce ad Anchorage, dove insieme a una giovane collega inizia a indagare sull’omicidio di una nativa americana. In realtà quello è solo l’ultimo caso di una lunga lista di sparizioni di donne indigene, su cui la polizia locale non ha praticamente mai indagato.
Le due reporter, supportate dall’intera redazione, si mettono sulle tracce del colpevole, arrivando a fare luce sulle tante falle del sistema giudiziario, sia a livello locale che nazionale.
Questo intricato groviglio di sospetti, ingiustizie, complotti e omertà, costituisce l’impalcatura narrativa della serie ma, nonostante la drammaticità e la cupezza delle situazioni, la sua visione è consigliabile perché racconta l’eterna lotta contro il marcio che purtroppo c’è nel mondo, in modo asciutto, non morboso o ossessionato, ma accessibile a tutti.
Più nello specifico, Daily Alaskan – ispirata ad una serie di articoli pubblicati sull’ Anchorage Daily News sul tema della violenza sessuale – ha il pregio di mettere in scena con un certo equilibrio l’affascinante ma complicato mondo del giornalismo, dove il desiderio di giustizia o la ricerca della verità spesso si mischia (e si contrappone) alla spregiudicata ambizione di chi vuole fare lo scoop ad ogni costo.
Di questa ambiguità è perfetta rappresentante la protagonista, che da una parte è paladina combattiva e coerente nella battaglia quotidiana contro le menzogne dei malvagi e di chi, nella serie, detiene il potere politico ed economico, dall’altra si manifesta, soprattutto all’inizio, come un segugio da notizia senza scrupoli né rispetto per alcuno, disposta a tutto pur di affermarsi come giornalista.
Su questo conflitto, che si concretizza poi in tante situazioni nel corso della serie, si regge l’intera storia raccontata da una regia piuttosto asciutta, che tende soprattutto a valorizzare la bellezza dei paesaggi, lasciando il giusto spazio ai dialoghi serrati e alla recitazione degli attori che rendono umano ed emotivamente interessante il filone investigativo.
Sostanzialmente infatti, se si dovesse ascrivere ad un solo genere, la serie andrebbe indicata come un giallo, dove però al posto degli investigatori e di un corpo di polizia, ci sono i giornalisti di una redazione. La posizione professionale dei protagonisti rende più complicata e quindi più avvincente ed interessante la battaglia che pare persa in partenza contro i violenti – colpevoli impuniti e responsabili della scomparsa di migliaia di donne nel corso degli ultimi decenni – ma anche e soprattutto contro le istituzioni che per convenienza economica, inerzia e inettitudine, chiudono un occhio (ma anche tutti e due) su un’ingiustizia così estesa e diffusa.
Tra i punti di forza della serie c’è sicuramente la struttura narrativa, che intreccia verticalmente le storie di puntata con la colonna portante della linea orizzontale, incentrata sul caso della giovane nativa americana uccisa. Questa struttura bipartita, oltre a dare un ritmo sostenuto alla narrazione, arricchisce la serie di contenuti e permette di affrontare tanti temi interessanti (uno su tutti l’ecologia) oltre a quello della discriminazione razziale, sotteso alla linea principale.
Ciliegina sulla torta, la ricca umanità della redazione, con un portato di cordiale provincialismo tutto da raccontare e da scoprire, che si contrappone sia all’ostilità del contesto (per isolamento e condizioni ambientali) ma mozzafiato, come quello dell’Alaska, sia alla personalità ruvida e complessa della protagonista che con il suo arrivo sconvolge la tranquillità del giornale. Prima ancora di qualsiasi scontro però, la spregiudicata Aileen manifesta ben presto una fragilità tutta sua e questo la rende decisamente meno antipatica…
Gabriele Cheli
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