(trovate la recensione della stagione precedente qui)
La seconda stagione di Christian cerca di riproporsi con la sua originalità all’interno del panorama italiano, fatta di un inedito mix di supernatural e crime drama, ma senza trovare un equilibrio altrettanto riuscito.
Dopo il bagno di sangue del primo episodio (in cui pesa, probabilmente, il bisogno di fare velocemente tabula rasa dei nodi rimasti irrisolti nel finale della prima stagione: quando si hanno solo sei puntate a disposizione non si può andare troppo per il sottile), il pubblico ha il piacere di ritrovare l’inconfondibile tono della serie. Solo che, questa volta, la posta in gioco per Christian è più alta: non più prendere coscienza del suo potere, ma trasformare Città Palazzo in un regno nuovo, non più fondato sulla violenza e sul ricatto.
Eppure, tutto lo slancio dei protagonisti si scontra presto con i loro limiti: cresciuti all’interno di quella realtà e senza avere punti di riferimento esterni, non possono che procedere per tentativi ed errori. Ci si aspetterebbe che un aiuto arrivi, letteralmente, “dall’alto”, ma le due figure sovrannaturali del Biondo, introdotto nella prima stagione, e della sua nemesi, la Nera, rimangono criptiche e distanti.
E qua sta proprio la vera debolezza di questa seconda stagione: se il crime drama è ancora interessante e avvincente, il supernatural lo è un po’ meno, perché non risiede più nella presenza dirompente del “dono” di Christian, ma nei piani cinici ed imperscrutabili del Biondo e della Nera, impegnati a manipolare i destini umani per usarli come pedine dell’eterna lotta del Bene contro il Male. Un Bene e un Male praticamente indistinguibili fra loro perché, svuotati di ogni significato morale, sembrano esistere solo in virtù della loro contrapposizione.
Giulia Cavazza
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