CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE
50.000 miglia, 2 anni 11 mesi e 17 giorni, partirono in 239 ma solo 18 fecero ritorno. Si tratta dell’impresa marinaresca più grande della storia: la circumnavigazione del globo. L’obiettivo ambizioso di Senza Confini è narrare lo straordinario coraggio, la tenacia di Ferdinando Magellano e di quegli uomini, ma anche la paura dell’ignoto, gli ammutinamenti, le rivolte, i pericoli di ogni genere che dovettero affrontare durante la spedizione. Partirono in cinque navi, sotto l’effigie della corona spagnola di Carlo V, perché l’allora re del Portogallo non aveva voluto finanziare la pazza impresa del suo suddito, ma solo una, la Vittoria, fece ritorno.
La serie è diretta da un maestro del cinema d’azione, Simon West (Con Air, Lara Croft: Tomb Rider, I Mercenari 2) e interpretata da attori di prim’ordine quali Alvaro Morte (il Professore della Casa di Carta) nel ruolo di Juan Sebastián Elcano, il timoniere basco che riuscì a compiere la prima circumnavigazione del mondo; e Rodrigo Santoro, noto per 300 e Westworld, nel ruolo di Magellano.
I capitoli sono brevi e lo spettatore è trascinato nella storia dal ritmo incalzante degli eventi, tanto che gli episodi si lasciano vedere tutti anche in un paio di serate. I personaggi principali sono ben delineati, anche se non abbastanza da rendere epica la serie. Ci sarebbe voluto un po’ più di tempo per dare respiro ai protagonisti. Tuttavia, il sostegno di un budget importante e di location credibili rendono Senza Confini un prodotto di alto livello e ben confezionato. La consigliamo tra l’altro perché ha il merito di rendere nota al grande pubblico l’impresa di Magellano, dando un assaggio delle estenuanti prove che quegli uomini hanno realmente vissuto e del coraggio che ci voleva a lanciarsi in imprese così difficili, veri e propri lanci verso l’ignoto.
Nel tardo Medioevo, la perla preziosa che spingeva i marinai a intraprendere lunghissimi viaggi a Oriente, fino alle Molucche, erano le spezie. Chiodi di garofano e noce moscata avevano un valore paragonabile a quello dell’oro. Ma il viaggio per raggiungere queste remote isole del Pacifico implicava il fatto di spingersi fino all’estremo sud dell’Africa, per poi risalire verso l’Indonesia. Era un viaggio tutto di bolina, quasi controvento.
Siamo negli anni Venti del Cinquecento. L’impresa di Colombo, partito alla ricerca di una via ad Ovest verso le Indie, è avvenuta solo pochi anni prima e ha portato alla luce un nuovo continente. Colombo si è fermato lì, al Nuovo Mondo. Il suo viaggio è durato poco meno di tre mesi ed è stato facilitato dagli Alisei, una vera manna per i naviganti, perché significa navigare col vento in poppa.
Anche se per lungo tempo la fine del mondo è stata identificata con quel piccolo paese della Galizia chiamato Finisterre, teorie sulla sfericità della terra sono già state elaborate dai filosofi nell’Antica Grecia. Attraverso le sue ricerche cartografiche, Magellano è certo che esista un passaggio a ovest verso le Molucche. La posta in gioco non è solo quella di trovare una via più breve e veloce verso queste isole, ma anche guadagnarne il possesso per la Corona Spagnola. Il passaggio a ovest collocherebbe, infatti, le Molucche nella parte di emisfero dominata dalla Spagna. L’impresa porterebbe anche lustro alla Corona spagnola e, in particolare, al giovane re Carlo V.
Cinque navi e cinque capitani in un viaggio verso l’ignoto. Nessuno conosce se e a quale latitudine si trovi questo passaggio a ovest. Uno dei membri dell’equipaggio, il vicentino Antonio Pigafetta (qui interpretato da Niccolò Senni), stila un prezioso diario di viaggio di cui si conservano delle copie. Dopo mesi di navigazione sulle coste del Brasile, i marinai credono di aver trovato il passaggio a ovest in quello che oggi è l’immensa foce del Río de La Plata, ma poi si accorgono che l’acqua è dolce e devono fermarsi. Il freddo, le regioni inospitali e l’incertezza sulla reale esistenza di questo passaggio spingono tre dei cinque capitani ad ammutinarsi: Juan de Cartagena, Luis de Mendoza e Gaspar de Quesada. Dei tre, solo Juan de Cartagena sopravvive, ma subisce la pena dell’esilio nelle fredde terre della Patagonia.
Convinto della bontà del progetto e sostenuto da una fede fortissima, Magellano spinge le navi ancora più a sud e, dopo un mese interminabile tra i fiordi della Terra del Fuoco (chiamata così perché i marinai vedono molti “fumi” nell’entroterra, probabilmente accesi dagli indigeni), finalmente trova il passaggio. Nel frattempo, la Sant’Antonio ammutina e rientra in Spagna.
Questo nuovo oceano, particolarmente tranquillo, viene chiamato “Pacifico”. Magellano, però, ne sottostima le dimensioni. Lui e i suoi navigano più di tre mesi in mare aperto, con viveri e acqua ridotti al minimo.
La salvezza arriva quando i protagonisti scorgono le Isole Marianne (le attuali Filippine), dove possono fare rifornimento di acqua e viveri. Uno dei re di quelle isole (l’isola di Cebu) si converte al cristianesimo assieme al suo popolo e in quell’occasione viene celebrata la prima Messa delle Filippine. Non dimentichiamo che, se gli interessi commerciali sono il motore di queste spedizioni, una motivazione non secondaria è quella di diffondere il Vangelo. Sacerdoti e missionari fanno parte degli equipaggi. Purtroppo, non tutti gli abitanti di quelle isole risultano pacifici e, in particolare, gli abitanti di Mactan si rifiutano di accogliere gli stranieri e la loro religione. Magellano pensa di poter spaventare gli indigeni con il suo equipaggio dotato di armature e di archibugi, ma gli indigeni, numericamente molto superiori, non si fanno intimorire. Quest’errore risulta fatale per l’equipaggio, che tuttavia, sia pure decimato, porta a termine l’impresa e “scopre il mondo”.
Maximiliano Cattaneo
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