When They See Us


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Ava DuVernay
INTERPRETI: Asante Blackk, Justin Cunningham, Caleel Harris, Jovan Adepo, Ethan Herisse, Chris Chalk, Jharrel Jerome, Marquis Rodriguez, Freddy Miyares, Marsha Stephanie Blake, Kylie Bunbury, Aunjanue Ellis, Vera Farmiga, Felicity Huffman, John Leguizamo, Niecy Nash, Michael K. Williams
SCENEGGIATURA: Ava DuVernay
PRODUZIONE: Participant Media, Harpo Films, TriBeCa Productions, Foward Movement
ANNO DI USCITA: 2019
STAGIONI: 1 (4x64-88')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: drammatico

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >16
Presenza di scene sensibili: diverse scene di violenza, forti pressioni fisiche e psicologiche, utilizzo di linguaggio offensivo e sessualmente esplicito

CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE

NYC, 1989. Sorpresi a ingannare il tempo a Central Park in mezzo a un gruppo di trenta giovani esaltati, cinque ragazzi di colore tra i 14 e i 16 anni sono ingiustamente arrestati e sottoposti a ore di duro interrogatorio con l’accusa di violenza e stupro ai danni di una ragazza bianca. È l’inizio dell’incubo dei protagonisti di When They See Us, miniserie scritta e diretta da Ava DuVernay, prodotta da Netflix, dove la regista torna ad affrontare temi a lei molto cari, quali razzismo, pregiudizio, ingiustizia sociale e politica. Kevin Richardson, Antron McCray, Yusef Salaam, Korey Wise e Raymond Santana, quattro afro-americani e un ispanico, sono comuni adolescenti, aggrappati ai sogni e i desideri tipici di quell’età, quando la furia violenta della polizia e quella coercitiva del sistema giudiziario si abbattono su di loro.
Prelevati con forza, sottoposti a continue pressioni, i “Central Park Five”, che neanche si conoscono, iniziano a puntare il dito l’uno contro l’altro, piegandosi al volere del potere. Per le autorità legali e i media, i cinque sono il capro espiatorio da sfruttare per restituire credibilità al sistema politico e placare gli animi dei cittadini, inviperiti dal clima di terrore diffuso nella città di New York.
Nella totale mancanza di prove concrete, le confessioni estorte con l’inganno e le verità alterate dalla narrazione preconfezionata degli inquirenti sono sufficienti agli occhi della giuria per confermare la condanna. I quattro episodi affrontano le diverse fasi della vicenda (l’arresto, gli interrogatori, il processo, il carcere, il reinserimento nella società e la liberazione) attraverso un racconto coinvolgente, mai avaro nel mostrare la violenza sopportata dagli adolescenti prima e dai giovani uomini dopo e attento a sottolineare tutte le conseguenze sociali, psicologiche e politiche derivate dalla condanna.

 

Approfondimento

La miniserie di Ava DuVernay riporta all’attenzione dello spettatore uno dei più controversi casi di ingiustizia di cui si è reso protagonista il sistema americano. Nell’era del Black Lives Matter, la serie impone una riflessione su temi come razzismo e pregiudizio, ma anche sul senso etico delle scelte e delle responsabilità individuali di chi, ricoprendo cariche politiche e istituzionali di un certo peso, è chiamato a decidere della vita degli altri. Non manca una riflessione sul tema ampio e profondo dello sguardo. Accostandoci alla visione di When They See Us risulta evidente come il “guardare”, nelle sue diverse connotazioni sociali, politiche e culturali, sorregga l’intero percorso narrativo della serie, fin dalla scelta del titolo. Un titolo che ci impone di riflettere sui numerosi significati di quel “see” -“Perché ci trattano così?”- si chiede uno dei protagonisti nella prima puntata, ma anche e soprattutto su quel “they” -“Ci hanno mai trattato in modo diverso?”- è la risposta ottenuta, che invece di chiudere la questione ne apre una molto più ampia.

Corruzione, omertà e umanità

When They See Us è un racconto potente, che avvalora totalmente il punto di vista dei protagonisti, vittime sacrificabili, e richiama in maniera diretta lo spettatore, coinvolgendolo emotivamente nelle diverse fasi del doloroso percorso dei cinque condannati.
La regista non ricorre a sfumature e incornicia il racconto in una narrazione ben strutturata, mostrando le diverse sfaccettature dello sguardo: quello corrotto dell’accusa, che ha il volto di Linda Fairstein, e preme per la condanna a ogni costo; quello accusatorio di Elizabeth Lederer, talmente pressata dal sistema e dall’opinione pubblica da sfuggire al senso del dovere, preferendo senza rimorso il “dio della politica”; quello umano e coraggioso di chi lotta in nome dell’innocenza; quello carico di pregiudizio di una società che non fa sconti, non concede spazi e mai riuscirà a guardare questi ragazzi se non attraverso l’etichetta di “stupratori”, rendendo faticoso, e per alcuni di loro addirittura impossibile, il ritorno a una vita normale.

Una vicenda difficile che invita a imparare a “guardare” ciò che è altro da noi

La serie non risparmia alcuna crudezza, ma ha anche il pregio di ampliare gli spigoli della cornice a un’analisi più profonda sulla natura dell’essere umano, mostrando sia l’atteggiamento fiero e coraggioso di quelle madri e di quei padri che non smetteranno mai di sostenere questi figli, gridando a gran voce giustizia; sia le debolezze di chi, da sempre sconfitto da quel pregiudizio radicato nella realtà, non ce la fa a sostenere il peso della situazione e si arrende senza neanche provare a lottare.
Tutti i personaggi, anche Korey, il solo a essere condannato come un adulto e a subire le conseguenze più pesanti della condanna, affrontano uno stesso arco di maturazione, aggrappandosi a speranza e fede per sopravvivere, e aprendosi, dove possibile e non senza fatica, al perdono. Sorretta da una buona scrittura, dalle interpretazioni credibili dei protagonisti e da una narrazione emotivamente coinvolgente, la serie ci mette di fronte a una vicenda difficile da digerire, che provoca nello spettatore sdegno,  rabbia e dolore, ma invita anche a interrogarsi con onestà su cosa vuol dire imparare a “guardare” ciò che è altro da noi.

Marianna Ninni

Temi di discussione

  • Le implicazioni e le conseguenze del pregiudizio razziale;
  • Il tema dell’ingiustizia politica, sociale e culturale;
  • Il ruolo dei media nell’orientare e condizionare l’opinione pubblica e il pensiero comune;
  • Il peso che condanna e giudizio hanno sulle esistenze dei protagonisti anche dopo la prigione.